Medici dipendenti, legittima la trattenuta del 2,50% dal Tfr. Ecco la sentenza
Stavolta la Corte Costituzionale è stata decisa: ha spiegato che -a differenza dei privati -i pubblici dipendenti, e tra essi i medici ospedalieri, devono versare allo stato la trattenuta sull’80% dello stipendio per la liquidazione che percepiranno a fine carriera, anche se la disciplina per il Trattamento di fine rapporto prevede che gli accantonamenti siano tutti a carico della Pubblica amministrazione e non si debba versare nulla. La normativa, che risale al 1999 e genera una discriminazione tra i pubblici dipendenti, in particolare gli assunti dal 2001 che traggono tutta la buonuscita dal Tfr, non è legittima per molti tribunali (Roma nel 2013, Treviso sentenza 99/2014, giudice del lavoro di Belluno su ricorso Gilda Unams) ma lo è per la Consulta. Quest’ultima in passato si era espressa in modo in parte diverso ma nella sentenza 213 del 22 novembre 2018, giovedì scorso, spiega ora che la trattenuta non viola i principi costituzionali di parità e giusta retribuzione. Rispetto ai lavoratori del privato, i pubblici dipendenti assunti da gennaio 2001 versano un 2,5% dello stipendio per ottenere la buonuscita esattamente come i loro colleghi già in servizio in precedenza. Tuttavia, a fine carriera, anziché prendere l’indennità premio di servizio come i predecessori, ottengono il trattamento di fine rapporto tutto a carico della Pa.
Questo per via del dpcm 20.12.99, emanato in vista dell’ingresso dei fondi di previdenza complementare, e volto ad uniformare tra pubblico e privato la normativa sul trattamento di fine rapporto-Tfr. «Il compito del Dpcm era estendere il Tfr ai dipendenti pubblici consentendo l’opzione di trasformarlo in pensione integrativa da percepire una volta usciti dal mondo del lavoro», dice Marco Perelli Ercolini dell’Osservatorio Pensionati Enpam. «I dipendenti Pa e Ssn fino ad allora a chiusura del rapporto prendevano un’indennità premio di servizio-Ips per la quale pagavano una quota annua, in altre parole alimentavano con un premio assicurativo un’indennità di natura diversa dal Tfr. Il Dpcm del ’99 fece sì che chi era al lavoro prima del gennaio 2001 nella Pa e negli ospedali continuasse a percepire l’Ips, e a pagare il 2,50% per ottenere qualcosa, mentre gli assunti dal 2001 ricevessero il Tfr tutto da versamenti del datore di lavoro ma continuando a versare quella quota. In pratica, dipendenti più “giovani” del Ssn – tra cui numerosi medici – hanno subìto una discriminazione rispetto ai lavoratori del privato». Oggi la Consulta, interpellata dal Tribunale di Perugia, spiega che quella discriminazione non viola la costituzione, anzi nasce per evitarne una di segno opposto. Infatti, il Dpcm 20 dicembre ’99, che ha soppresso l’Ips e la relativa trattenuta ma ha ridotto lo stipendio lordo del pubblico dipendente in misura pari all’ammontare del contributo soppresso, “è preordinato a contenere gli oneri connessi alla introduzione del regime del Tfr (che prevede per il Tfr contributi a carico del datore di lavoro) e risponde alla esigenza di apportare indispensabili adeguamenti della struttura retributiva e contributiva del personale che transita al regime del Tfr al fine di salvaguardare l’invarianza della spesa complessiva netta come prescritta dalla legge 448/1998. Inoltre salvaguarda la parità di trattamento retributivo dei dipendenti con lo stesso inquadramento e con le stesse mansioni rispettando un principio contrattuale”.
«In altre parole – spiega Perelli Ercolini- si abolisce il prelievo Ips ma il corrispondente importo è portato in deduzione dall’erario per contenere gli oneri connessi alla introduzione del Tfr. La Corte ricorda come il decreto di riforma del Tfr del ’99 fosse previsto già dalla legge 448/98 che lo destinava a ridefinire struttura retributiva e contributiva e modalità di erogazione del trattamento di fine rapporto, anche a tempo determinato, “ferma restando l’invarianza della retribuzione complessiva netta e di quella utile ai fini pensionistici”. Ma c’è di più. La Corte osserva che con l’abolizione della trattenuta si sarebbe creata a vantaggio dei neoassunti una disparità di trattamento retributivo rispetto ai colleghi assunti in precedenza che versavano l’indennità premio di servizio. Ricordo, giusto per “memoria storica”, che il dpcm 20.12.99 “peggiorativo” per una specifica categoria di “giovani”, fu concertato dal governo con le confederazioni sindacali che dunque erano al corrente di quanto stava per accadere».
Mauro Miserendino – Doctor33