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TRASMISSIONE TELEMATICA ALL’INPS DEL CERTIFICATO DI ACCERTAMENTO DEL DECESSO
DA PARTE DEI MEDICI NECROSCOPI. CIRCOLARE DELL’INPS.
Rimettiamo in allegato la Comunicazione n. 14 della FNOMCeO sul tema.

CERTIFICATI DI DECESSO: L’ASL CHIARISCE A CHI SPETTANO GLI OBBLIGHI.
I medici di famiglia sono una cosa, i medici necroscopi un’altra: è utile precisarlo dopo che la circolare Inps del 13 febbraio scorso chiede a questi ultimi- sulla base della Finanziaria 2015 – di spedire i certificati di accertamento del decesso online all’Istituto di previdenza entro 48 ore dall’evento. L’articolo 4 del regolamento di polizia mortuaria 295 del 1990 specifica che il medico necroscopo è nominato dall’Asl di riferimento e non si identifica con il medico di famiglia o con il medico di continuità assistenziale. Niente onere, dunque; ma la circolare Inps pare stia inducendo molti in errore, amministrazioni incluse. Proviamo a fare un po’ di ordine con Antonio Vitello, Direttore Servizio Medicina Legale Asl Milano.«Quando il medico del 118 o di guardia medica formula una diagnosi di morte, il modulo è inteso come "constatazione di decesso". L’Ufficio di Stato Civile del Comune, acquisita la comunicazione del decesso richiede l’intervento del medico necroscopo nominato dall’Asl per l’accertamento della realtà della morte. Intanto, entro 24 ore, il medico di famiglia, visita l’assistito e compila solo la denuncia di causa di morte (scheda Istat). Dopo la 15^ ora il medico necroscopo accerta (rende certo) il decesso e trasmette al Comune il certificato di accertamento di morte (certificato necroscopico). Solo sul medico necroscopo ricade l’obbligo della comunicazione online. Negli ospedali la funzione è svolta dal direttore sanitario o da uno o più medici delegati: insomma, il nuovo obbligo Inps non vale per i medici di famiglia». «In realtà – continua Vitello- l’obbligo per i Comuni di comunicare all’Inps i decessi esiste fin dal 1965; l’ iter è informatizzato dal 2009 e per il Responsabile Ufficio Anagrafe inadempiente ai sensi della legge 326/2003 ci sono le stesse sanzioni – da 100 a 300 euro – previste ora per il medico necroscopo. La Finanziaria 2015 "raddoppia" di fatto la comunicazione dei decessi online; da parte sua, la circolare Inps ripone l’obbligo della comunicazione sul singolo medico necroscopo (territoriale o ospedaliero) come fosse un libero professionista, ignorando che si tratta di un sanitario incardinato nel Ssn e che gli aspetti organizzativi della comunicazione andrebbero concordati con le strutture sanitarie di riferimento». Il presidente Snami Lombardia Roberto Carlo Rossi sottolinea che «la circolare Inps genera confusione in almeno tre punti. Al terzo capoverso dell’articolo 1 chi l’ha stesa prima correla l’obbligo di spedizione online all’accertamento di morte ma poi aggiunge che il medico necroscopo "utilizza le stesse modalità già in uso per la trasmissione delle certificazioni di malattia on line": non dovrebbe essere abituale al collega necroscopo compilare certificati di malattia! Al settimo capoverso altro pasticcio: si scrive che la Direzione sistemi informativi Inps ha pronta l’applicazione "ad uso dei medici necroscopi per la trasmissione della comunicazione di constatazione di decesso", cosa diversa dall’accertamento di morte. Infine, si citano espressamente i medici convenzionati quando si parla di attribuzione del Pin dispositivo, dando l’idea che l’adempimento sia correlato a quelli spettanti abitualmente ai medici di famiglia, e così non è». A titolo di "difesa" dell’Inps c’è il dato secondo cui alcuni comuni fino a poco tempo fa si facevano in casa "certificati di constatazione di morte". «Ora però – informa Vitello – regioni come Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte hanno promosso una modulistica inequivocabile». Mauro Miserendino
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RICORSO FNOMCEO AL TAR DEL LAZIO VS L’AUTORITA’ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO- GROUPON SRL E DENTAL FRANCHISING SRL.
In allegato la Comunicazione 15 della FNOMCeO ed il testo del ricorso.

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ELEZIONI ORDINI PROVINCIALI: ARRANCANO LE NUOVE LEVE E LE QUOTE ROSA.
Con l’inserimento dei dati di Frosinone è terminato il lavoro del Centro Studi dell’Ordine di Latina, dedicato ad analizzare i risultati della recente tornata elettorale che ha rinnovato i componenti degli Organi istituzionali degli ordini provinciali per il triennio 2015-2017. Ed è proprio Giovanni Maria Righetti, presidente riconfermato nel capoluogo pontino, a spiegare il perché di questo lavoro di raccolta e analisi dei dati. «Già tre anni fa avevamo realizzato un lavoro del genere, ma abbiamo voluto ripeterlo per fornire un servizio ai nostri circa 3000 iscritti e ai colleghi degli altri Ordini. Fa parte di una filosofia di lavoro che coinvolge anche altri aspetti, come l’istituzione di un numero verde al quale rispondo sempre e per qualunque dubbio». Sebbene il trend della tornata elettorale sia quello di un aumento della rappresentanza femminile negli Ordini provinciali dei medici, il quadro diventa sconfortante quando si guardano i numeri reali. Le presidenti di Ordine sono oggi il triplo ma, nella sostanza, si è passati da due donne, confermate alla guida dei camici bianchi di Gorizia e Fermo, a 6 considerando le neopresidenti di Ascoli Piceno, Caserta, Reggio Emilia e Campobasso: in tutto 6 donne su 106 Ordini. Per quanto riguarda la composizione dei Consigli Direttivi, le donne sono in numero di 328 pari al 20%. La presenza massima di donne consiglieri è a Pescara e a Torino (8), mentre solo a Nuoro e a Gorizia prevalgono sugli uomini (6 a 5). Ma oltre alle quote rosa, un pochino in affanno, anche le nuove leve sembrano non convincere. I Presidenti degli Ordini sono stati infatti riconfermati nell’77% dei casi, mentre solo 24 sono i nuovi eletti. L’età media dei componenti dei vari Consigli è pari a circa 57 anni (da un minimo di circa 49 a Genova a un massimo di circa 65 a Firenze). «Il più giovane consigliere d’Italia – aggiunge Righetti – ha 26 anni ed è iscritta al nostro Ordine di Latina. Il più anziano, tra tutti, ha un’età di 84 anni (Fermo), a pari merito con il Presidente dell’Ordine di Salerno». Anche fra gli odontoiatri (CAO) la situazione non è ottimale: eletti 104 presidenti uomini e solo due donne, nonostante il corso di laurea in odontoiatria sia di abbastanza recente istituzione e quindi i votanti più giovani d’età. Non resta, ora, che attendere le elezioni del nuovo presidente nazionale, previste per il 20, 21 e 22 marzo, dove saranno proprio i presidenti degli Ordini provinciali a eleggere il Comitato Centrale Fnomceo che, a sua volta, sceglierà il successore di Amedeo Bianco, al vertice da 9 anni e che ha già annunciato l’indisponibilità a candidarsi ancora. Rossella Gemma
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CASO STAMINA: DOCUMENTO CONCLUSIVO
Approvato il Documento conclusivo dalla Commissione Igiene e Sanità del 18 febbraio 2015. Sono intervenuti, in sede di dichiarazione e annuncio di voto, i senatori Romano, Granaiola, Fucksia, Anitori, Dirindin, Romani, Scavone, Zuffada, Bianco e la Presidente. La relatrice CATTANEO ha illustrato le modifiche apportate al testo secondo alcune indicazioni scaturite dal dibattito. E’ stata recepita la sollecitazione sul tema dell’ascolto e dell’aiuto ai malati e alle famiglie, aggiungendo un paragrafo ad hoc e alcuni periodi nell’ambito delle considerazioni finali, nonché un punto specifico all’interno delle proposte conclusive, dedicato alla rete territoriale di assistenza e di supporto informativo. E’ stato poi accolto l’invito ad espungere il paragrafo precedentemente dedicato alla medicina rigenerativa, che è stato spostato in una apposita appendice finale, previa aggiunta di una avvertenza nell’introduzione del documento. Si è aderito all’invito a non accostare l’espressione "medicina alternativa" all’operato dei ciarlatani, utilizzando in sostituzione l’espressione "terapie estranee alla medicina consolidata". E’ stata inoltre riformulata la parte del testo riguardante l’articolo 32 della Costituzione, ponendo in rilievo l’importanza del consenso informato. Sulle proposte che riguardano la riformulazione del cosiddetto decreto "Turco-Fazio" e l’adozione di una normativa sulle terapie avanzate non ripetitive, è stata introdotta una nota che dà atto di un recentissimo intervento del Ministro della Salute, che si è reso operativo in un provvedimento non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Infine riguardo alla necessità di adozione di linee guida, nel testo riformulato del documento si dedica un punto specifico al rafforzamento della tutela dei minori nel sistema dei media, ed un altro all’informazione pubblica in ambito medico-scientifico. Il relatore D’AMBROSIO LETTIERI, intervenendo a sua volta in replica ha rilevato che il documento insiste molto sulla necessità che la scienza trovi nuove modalità comunicative, e che si eviti di disperdere risorse pubbliche in relazione a presunte terapie prive di qualsiasi validazione scientifica. Il documento peraltro, recependo diverse delle indicazioni scaturite dal dibattito, tiene conto anche dell’esigenza di adeguata presa in carico dei malati e delle famiglie, secondo quella ampia accezione di "cura" posta in risalto durante la discussione. A cura di Marcello Fontana-Ufficio Legislativo FNOMCeO

CASO STAMINA: IL VIA LIBERA ALLA SPERIMENTAZIONE FU UN ERRORE DEL PARLAMENTO.
Un «errore del Parlamento». Lo ha sottolineato il presidente della commissione Sanità del Senato Emilia Grazia De Biasi, alla presentazione delle conclusioni dell’indagine avviata un anno fa, con riferimento al via libera alla sperimentazione del cosiddetto Metodo Stamina. «Il punto – ha affermato – è che casi analoghi non si dovranno ripetere mai più in Italia». Per questo – in un anno di lavoro che ha contato 16 sedute plenarie e 20 audizioni – la commissione ha prodotto una relazione di 122 pagine in cui ricostruisce «origine e sviluppo del cosiddetto caso Stamina» ed in cui, soprattutto, avanza dieci proposte «al fine di evitare che in futuro possa nuovamente ripetersi lo scenario al quale abbiamo assistito». Il primo punto è quello di avviare proposte legislative in merito ai provvedimenti giudiziari sui trattamenti non provati: la proposta è di prevedere che ministero della Salute e pm siano legittimati ad essere presenti in sede dei giudizi civili d’urgenza o ordinari per la richiesta di terapie non provate scientificamente al fine di concorrere alla valutazione complessiva, con diritto di impugnazione da parte del pm. Ma i commissari propongono anche l’abrogazione parziale del decreto Balduzzi del 2013 che autorizzava il proseguimento del protocollo Stamina per i malati che lo avessero iniziato e la sperimentazione del metodo, la revisione del decreto Turco-Fazio sulle cure compassionevoli, l’attuazione del regolamento europeo sui medicinali, la creazione di una rete territoriale di assistenza per i malati, iniziative di comunicazione istituzionale, l’adozione di linee guida per rafforzare le tutela dei minori nel sistema dei media, linee guida relative all’informazione pubblica in ambito medico e il rafforzamento dell’indipendenza dei comitati etici. Altra proposta è infine introdurre una regolamentazione della figura del consulente tecnico in ambito giudiziario. Duro il giudizio di De Biasi: sul caso Stamina «non si può continuare a negare che ci sia stato un errore. Su questa base credo che la cosa migliore sia quella di rivedere il voto. Le leggi vanno adeguate e solo i cretini non cambiano idea». Marco Malagutti
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IL GARANTE DELLA PRIVACY PUNTUALIZZA LE REGOLE DI TUTELA DELLA PRIVACY IN SANITA’
Il Garante della privacy nella newsletter del 9 febbraio 2015 richiama il provvedimento generale web 1191411 col quale sono state puntualizzate regole di tutela della privacy in sanità: in particolare viene fatto presente di porre molta attenzione per prevenire la conoscenza da parte di estranei dello stato di salute di un paziente attraverso la correlazione tra la sua identità e l’indicazione della struttura e del reparto ospedaliero cui è stato ricoverato o visitato. Nelle certificazioni rilasciate ai pazienti o ai loro accompagnatori per attestare la presenza in ospedale e giustificare ad es. l’assenza dal lavoro, non devono essere riportate indicazioni della struttura presso la quale è stata erogata la prestazione, il timbro con la specializzazione del sanitario, o comunque informazioni che possano far risalire allo stato di salute. Il principio è stato ribadito nell’istruttoria avviata dal Garante privacy a seguito della segnalazione di un paziente, il quale lamentava una violazione della privacy a causa dalla presenza di informazioni sulla salute nelle certificazioni rilasciate da un policlinico. A differenza di quanto accaduto in altre strutture sanitarie in cui gli era stata rilasciata una attestazione di carattere generico, in quella del policlinico era indicato il reparto – dal quale si poteva evincere la patologia sofferta – e il timbro con la specializzazione dell’operatore sanitario. A seguito dell’intervento del Garante il direttore sanitario dell’azienda ospedaliera ha immediatamente inviato a tutto il personale sanitario una nuova modulistica – priva dell’indicazione del reparto ove si è recato il paziente- e precise raccomandazioni per mettersi in regola con le disposizioni dettate dal Garante. Fin dal 2005, l’Autorità ha, infatti, adottato un provvedimento in cui ha prescritto l’adozione di specifiche procedure per prevenire la conoscenza, da parte di estranei, dello stato di salute di un paziente attraverso la semplice correlazione tra la sua identità e l’indicazione della struttura o del reparto in cui è stato visitato o ricoverato. Tali cautele devono essere osservate anche nella stesura delle certificazioni richieste per fini amministrative (ad es. per giustificare un’assenza dal lavoro o l’impossibilità di partecipare ad un concorso). Relatore: Marco Perelli Ercolini
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